IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

      Ha  pronuciato  la  seguente ordinanza sul ricorso proposto dal
  Consorzio   del   canale   Corto   di   Mariano,   in  persona  del
  rappresentante  legale,  nonche'  dai  soci  signori Carlo Cagozzi,
  Bazzoni  Maria  Guglielmina, Villani Paolo, Bazzoni Liliana, Bonati
  Vittorio,  Peveri  Roberto,  Corsi  Alessandro,  Corsi Paolo, Corsi
  Tommaso, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Massimo Cantarelli,
  ed elettivamente domiciliati in Bologna, Via Garibaldi n. 1, presso
  l'avv. Nino Rocco Damato;
    Contro,  Regione  Emilia-Romagna,  rappresentata  e  difesa dagli
  avvocati  Stefano  Baccolini  e  Francesco  Rizzo (Bologna, via San
  Gervasio n. 10); consorzio della bonifica parmense, non costituito;
  per  l'annullamento  della  deliberazione  del  consiglio regionale
  della  Regione  dell'Emilia-Romagna  n. 1033  del  23 novembre 1998
  concernente la soppressione del consorzio ricorrente;
    Nella  fase  preliminare dell'udienza pubblica del 6 aprile 2000,
  l'avv.  Stefano  Baccolini,  per  la  Regione,  si  e' direttamente
  rimesso  agli  scritti  gia'  depositati  in  giudizio;  nessuno e'
  comparso per il consorzio ricorrente.
    Considerato quanto segue:

                              F a t t o

    La  parte  ricorrente  ha impugnato la delibera consiliare meglio
  indicata dianzi. Le censure proposte attengono:
        1)  all'erronea  interpretazione  ed applicazione dell'art. 4
  della  l.r.  n. 16/1987. Si afferma che la soppressione di cui alla
  norma  regionale  non  puo'  che  riguardare  i consorzi irrigui di
  diritto  amministrativo  riconducibili  al  r.d.  13 febbraio 1933,
  n. 215;  il  consorzio ricorrente invece non ha veste pubblicistica
  ne' e' un consorzio irriguo di natura amministrativa.
        2)    all'invalidita'    derivata    dall'incostituzionalita'
  dell'art. 4  l.r.  23  aprile  1987,  n. 16,  per  violazione degli
  artt. 2, 18, 42, 117 e 118, della Costituzione. La parte ricorrente
  rileva   che  le  regioni,  non  possono  nelle  materie  in  esame
  sopprimere  enti privati, espropriando fra l'altro senza indennizzo
  i loro beni.
        3)  all'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 27,
  legge  5  gennaio  1994, n. 36, e conseguente eccesso di potere per
  difetto  di  motivazione.  Si rileva come nella denegata ipotesi di
  assimilazione  del  consorzio  ricorrente  ai consorzi di bonifica,
  l'art. 27,  legge  citata,  prevede  la  semplice  facolta'  (e non
  l'obbligo)  dei consorzi di bonifica ed irrigazione di realizzare e
  di gestire le reti a prevalente scopo irriguo.
        4)  All'erronea  interpretazione ed applicazione dell'art. 7,
  legge  n. 241/1990.  Si  afferma che il procedimento amministrativo
  che  e' sfociato nella soppressione del consorzio ricorrente non e'
  stato preceduto dalla comunicazione di inizio prevista dalla citata
  legge  n. 241/1990,  quando  invece,  proprio  per l'effetto lesivo
  degli  interessi  del  consorzio  e  dei  consorziati,  i  medesimi
  avrebbero   dovuto   essere   fatti   partecipi   del  procedimento
  amministrativo.
    La  Regione  resistente  ha controdedotto nel merito del ricorso,
  chiedendone il rigetto.
    I  procuratori  di  quest'ultima  hanno,  infine,  provveduto  al
  deposito  della  nota  delle  spese  ed  onorari  di  giudizio, per
  l'importo complessivo di L. 10.611.000 + IVA e CPA.

                            D i r i t t o

    1.  -  In  applicazione  dell'art. 4  della  l.r.  n. 16/1987, il
  consiglio  regionale  -  su  conforme  proposta  della  giunta - ha
  soppresso   il  consorzio  ricorrente  assumendo  principalmente  a
  fondamento della decisione la circostanza che "il Consorzio risulta
  strutturato  come  ente  ad autonomia piena con compiti irrigui, in
  analogia  all'attivita' svolta di norma dai consorzi di bonifica" e
  che  "le  suddette funzioni sono oggi di competenza dei consorzi di
  bonifica,   essendo  intervenuta  la  classificazione  di  bonifica
  dell'intero territorio in cui opera il citato consorzio".
    Con  sentenza  in  data  odierna sono stati respinti il primo, il
  terzo  ed  il  quarto  motivo  del  ricorso ed il giudizio e' stato
  sospeso  con  riferimento  al  secondo  motivo,  in  cui  e'  stata
  prospettata   la   questione   di   illegittimita'   costituzionale
  dell'art. 4 della l.r. 23 aprile 1987, n. 16.
    2.  -  La  questione  e'  rilevante, in quanto - nel respingere i
  motivi  del ricorso - il collegio ha ravvisato nella norma predetta
  il  presupposto esclusivo e diretto dell'impugnato provvedimento di
  soppressione.   Con   la  legge  n. 16/1987,  infatti,  la  Regione
  Emilia-Romagna,  al  dichiarato  fine  "di conseguire il necessario
  coordinamento  degli interventi pubblici e privati", ha ritenuto di
  sottopone  a  regime  di  bonifica  l'intero  territorio  regionale
  (art. 3,  primo  comma,  gia'  ritenuto  dalla Corte costituzionale
  conforme agli artt. 117, 97 e 18 della Costituzione con la sentenza
  n. 66/1992);  ha previsto l'istituzione per ogni ambito, di un solo
  consorzio  di  bonifica  destinato a succedere in tutti i diritti e
  gli obblighi ai preesistenti consorzi ricadenti in tutto o in parte
  nel   comprensorio  (art. 3  quarto  comma);  nell'ambito  di  tale
  riorganizzazione,  ha  ritenuto necessario (art. 4) sopprimere, per
  farle  confluire nei nuovi consorzi, tutte le preesistenti forme di
  gestione ("Sono soppressi i consorzi idraulici, di difesa, di scolo
  e  di  irrigazione,  nonche'  ogni  altra  forma  di  gestione  non
  consortile di opere o sistemi di scolo ed irrigui, che ricadono nei
  comprensori  delimitati,  ai sensi del secondo comma del precedente
  art. 3").   E'   pertanto  evidente  la  volonta'  del  legislatore
  regionale  di  ricomprendere  in  tale previsione tutte le gestioni
  riconducibili  alle  funzioni indicate, ancorche' di natura privata
  ed ancorche' titolari di concessioni statali di grande derivazione.
    Il collegio ha altresi' ritenuto che il consorzio soppresso abbia
  natura privata e sia riconducibile al genere delle associazioni non
  riconosciute.
    Lo  stesso,  costituito in epoca remota, non e' mai stato oggetto
  di  riconoscimento  pubblico,  ne' con le modalita' previste per le
  persone  giuridiche  private  dal  codice  civile  vigente, ne' con
  quelle   di  cui  agli  artt. 862  e  863  del  codice  civile  che
  disciplinano  i  consorzi  di  bonifica  e  quelli di miglioramento
  fondiario;  non  e'  previsto alcun intervento pubblico nelle varie
  fasi  attinenti  alla  costituzione,  alla  nomina degli organi, al
  funzionamento,   ed   il  finanziamento  del  consorzio  stesso  e'
  interamente privato.
    Lo  stesso  consiglio  regionale,  nel  provvedimento  impugnato,
  riconosce  che  il sopprimendo consorzio non ha natura di consorzio
  di  bonifica  (la  deliberazione  impugnata  parla  di  enti che si
  configurano  di  fatto  come  consorzi irrigui; d'altra parte se il
  consorzio   ricorrente   avesse  potuto  essere  configurato  quale
  consorzio  di  bonifica  l'estinzione  sarebbe  stata  disposta  in
  applicazione dell'art. 3, comma 4 della l.r. n. 16/1987).
    Infine  il  fatto che - come rileva la Regione - sia dubbia anche
  la   qualificazione   del   consorzio  ricorrente  quale  consorzio
  volontario,  ai  sensi  dell'art. 918  del codice civile, non porta
  argomenti  a  favore  della  tesi  secondo  la  quale  il consorzio
  ricorrente  potrebbe  essere  assimilato ad un organismo di diritto
  pubblico,  ma  conferma solo la difficolta' di classificarlo in una
  delle   figure   tipiche  disciplinate  dal  codice  civile,  e  la
  conseguente  necessita' di inquadrare lo stesso fra le associazioni
  non riconosciute.
    3.  - Il collegio ritiene inoltre la questione non manifestamente
  infondata per le considerazioni che seguono. I consorzi di bonifica
  -   come   ha  rilevato  la  Corte  costituzionale  nella  sentenza
  n. 326/1998  - sono "Enti pubblici locali operanti nelle materie di
  competenza  regionale  e,  dunque,  enti  amministrativi dipendenti
  dalla  Regione,  della  cui  organizzazione e delle cui funzioni la
  Regione  puo'  disporre  nell'ambito  e  nei  limiti  della propria
  potesta' legislativa".
    Si  puo'  pertanto  ritenere che il legislatore regionale - nella
  parte in cui ha previsto (art. 3, l.r. n. 16/1987) la delimitazione
  del  territorio  regionale  in comprensori di bonifica e, in deroga
  all'art. 12  della l.r. n. 42/1984, l'istituzione su ciascuno di un
  solo consorzio di bonifica destinato a succedere in tutti i diritti
  ed obblighi ai preesistenti consorzi ricadenti in tutto od in parte
  nel comprensorio di nuova determinazione - abbia fatto corretto uso
  della  propria  potesta' normativa: la Corte costituzionale, con la
  precitata  sentenza n. 326/1998, ha infatti ritenuto che la materia
  della  bonifica  integrale  e  montana risulta inclusa in quella di
  agricoltura  e  foreste di cui all'art. 66, primo comma, del d.P.R.
  n. 616/1977  e  che  il trasferimento delle funzioni amministrative
  completato   con   tale   norma   ha  anche  l'effetto  di  rendere
  esercitabile la potesta' legislativa regionale concorrente coi soli
  limiti  rappresentati  dai principi fondamentali della legislazione
  statale in materia.
    Deve  esser  nondimeno  rilevato  che  con  la  norma  di  cui al
  successivo  art. 4, l.r. citata, il potere di soppressione e' stato
  esercitato  indistintamente  nei  confronti di tutti i soggetti che
  operano  nel settore della bonifica, anche di natura privata, ed e'
  stato  inoltre  previsto  il  trasferimento  ai  nuovi  consorzi di
  bonifica  delle  funzioni e dei rapporti delle gestioni soppresse e
  quindi   sostanzialmente   dell'intero   patrimonio  dell'organismo
  soppresso.
    4.  -  Il  dubbio  di  incostituzionalita' di tale norma di legge
  regionale  nasce  in  relazione, in primo luogo, all'art. 117 della
  Costituzione,  in  quanto  la  potesta' legislativa regionale nella
  materia  della  bonifica,  di natura concorrente, va esercitata nei
  limiti  derivanti  dai  principi  fondamentali  della  legislazione
  statale nella materia stessa.
    Tali  principi  sono  stati  di  recente specificamente delineati
  dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 326/1998, con la quale
  e'  stata  dichiarata  l'incostituzionalita'  parziale di una legge
  della Regione Marche in materia di bonifica.
    Per  la  parte che qui interessa, la predetta decisione riconosce
  carattere  di  norme  di  principio  a  quelle che disciplinano nei
  lineamenti   fondamentali   la  struttura  e  l'organizzazione  dei
  consorzi  di  bonifica  configurandoli  come  espressione, sia pure
  legislativamente  disciplinata e resa obbligatoria, degli interessi
  dei proprietari dei fondi coinvolti nell'attivita' di bonifica.
    Riconosce  anche  che  la potesta' regionale di programmazione ed
  organizzazione   della  bonifica  si  estende  al  riassetto  delle
  funzioni  degli  enti  pubblici  che operano nel settore e, quindi,
  anche  alle  funzioni  pubblicistiche dei consorzi, con conseguente
  potere  in  capo  alla  Regione  di trasferire i compiti propri dei
  consorzi   anche   ad   altri  enti  pubblici,  in  relazione  alla
  connessione  delle  funzioni  di  bonifica con altre attinenti alla
  difesa   del   suolo,   alla   tutela   delle   risorse  idriche  e
  dell'ambiente.
    Non  si  puo'  estendere  pero',  in  base  alle  stesse norme di
  principio, all'eliminazione della figura giuridica del consorzio di
  bonifica, per la combinazione che in esso peculiarmente si realizza
  fra pubblico e privato per effetto della legislazione nazionale.
    In  relazione a tali principi e con riferimento al caso in esame,
  si  deve  ritenere  che  la  regione  possa bensi' riorganizzare le
  funzioni  di  bonifica e, con esse, quelle dei consorzi di bonifica
  (cosi'  come  ha fatto la Regione Emilia-Romagna con l'art. 3 della
  legge  regionale  n. 16/1987),  ma non sopprimere ogni organismo di
  gestione  a questi non riconducibile ed in particolare associazioni
  o soggetti di carattere privato.
    Tenuto  conto della natura concorrente della potesta' legislativa
  regionale,  non e' manifestamente infondato ritenere che in materia
  di   bonifica  la  facolta'  di  incidere  obbligatoriamente  sugli
  interessi  privati  debba  seguire  il procedimento previsto per la
  costituzione  dei  consorzi  di  bonifica  che,  nella legislazione
  statale  e,  quindi,  in  quella  regionale,  contempla,  sia  pure
  eccezionalmente   ed   in  via  residuale,  anche  la  costituzione
  d'ufficio,  vale  a dire ad iniziativa pubblica del consorzio fra i
  proprietari interessati.
    Al  di  fuori  di  tale  previsione,  solo il legislatore statale
  potrebbe   enunciare   il  principio  secondo  cui  l'attivita'  di
  bonifica,  anche  per gli aspetti gestionali, deve essere riservata
  esclusivamente  ai  consorzi  di  bonifica,  e  quindi prevedere la
  soppressione di ogni diversa gestione.
    Da  un  altro  punto  di vista, la violazione dell'art. 117 della
  Costituzione  puo'  essere ravvisata anche in relazione al disposto
  degli artt. 2 e 18 della Costituzione ed al diritto di associazione
  ivi  previsto,  in  quanto nella materia del diritto privato, ed in
  particolare  in  quella delle associazioni, non esiste una potesta'
  legislativa   regionale   di   tipo  concorrente  e,  comunque,  la
  disciplina   recata   dal  codice  civile  (in  particolare  quella
  attinente alle modalita' di estinzione delle associazioni) ha senza
  dubbio natura di principio fondamentale (Corte costituzionale, dec.
  n. 154/1972 e n. 108/1983).
    Il  dubbio  di  incostituzionalita'  sorge infine con riferimento
  agli artt. 42 e 43 della Costituzione, per la mancata previsione di
  un  indennizzo  a fronte della integrale devoluzione del patrimonio
  degli  enti  da  sopprimere  ai  consorzi di bonifica istituiti per
  l'ambito territoriale di riferimento.